Lavoro Ambiente Solidarietà: 1968, 50 anni dopo cos’è rimasto?

Questo articolo/intervento vuole
essere propedeutico al nostro convegno
sull’epocale e incredibile
movimento del Sessantotto.
Partecipare attivamente in quegli
anni allo stato nascente del movimento
del 1968 significava vivere
un momento storico formidabile,
contribuendo a una vera e propria
rivoluzione sociale e culturale,
che, pur non avendo vinto sui centri
di potere reali, ha trasformato in
modo profondo la società e i costumi,
di fatto migliorandoli radicalmente.
In pratica tutto nasce da un lontano
paese dell’Indocina: il Vietnam.
Vietnam, che dopo avere clamorosamente
sconfitto la Francia coloniale,
si permetteva di rimandare
a casa il più potente esercito del
mondo, quello degli Stati Uniti; di
passare, attraverso una guerra lunga
e sanguinosa, di vittoria in vittoria
e di fare crescere negli States,
in modo esponenziale, un antagonismo
giovanile che culminò nella
potente rivolta dei campus universitari
e nel rifiuto dei ragazzi americani
di partire per il fronte.
Da qui, insomma, nacque l’epidemia
pacifista e anti-sistema che si
estese a dimensione internazionale.
Ricordo in prima persona quando,
giovanissimo, nel 1966, partecipavo
alle manifestazioni contro
le navi americane, a Venezia, e a
quelle contro le basi USA di Aviano,
sotto le cariche della polizia,
per un Vietnam libero e in favore
del Fronte di Liberazione Nazionale
(FLN).
Manifestazioni simili, anche di
dimensioni maggiori, si svolgevano
contemporaneamente in tutta
Italia. Erano state precedute, nel
1962, dalla rivolta operaia di piazza
Statuto a Torino, contro un accordo
separato tra sindacati gialli e Fiat.
Ci furono due giorni di durissimi
scontri con la polizia e comparve
per la prima volta nelle piazze d’Italia
la figura dell’“operaio massa”
(nella definizione di Mario Tronti).
Questi avvenimenti furono i prodromi
di un Sessantotto che durò,
a differenza di altri paesi, più di
dieci anni.
Nel 1956-1957, per tornare ancora
più indietro nel tempo, gli studenti
iscritti nelle università italiane
erano 212.000. Dopo dieci anni,
erano già 425.000. L’élite stava
trasformandosi sempre più in una
massa enorme e crescente. In questa
situazione i “baroni” universitari,
che avevano totalmente in
mano la didattica, poco recepivano
l’esigenza di seminari e laboratori,
presentandosi soltanto ex cathedra,
in modo distante e distaccato.
Gli studenti si mobilitavano per
ottenere una maggiore serietà del
mondo accademico, chiedendo
presalari ed esenzioni dalle tasse
per i meno abbienti, con aule decenti,
biblioteche e attrezzature…per continuare a leggere cliccare:

Numero 56 anno XIII OttobreNovembreDicembre 2018

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