Turchia: le iene del regime ed i leoni della resistenza

A proposito di “dittature dimenticate” pubblichiamo questo interessante articolo sul trattamento riservato da Erdogan a migliaia di giudici, giornalisti, insegnanti ed intellettuali turchi accusati, semplicemente, di fare il loro dovere. 

di Manuel Soares, presidente dell’Associazione dei Magistrati Portoghesi

Murat Aslan è stato arrestato il 19 Ottobre del 2016. Ora è in cella nella prigione a Sinkan, Ankara, con altri 16 detenuti: 8 letti e un pavimento per dormire, un tappeto per pregare, una doccia, un lavandino e 2 toilets. 20 litri di acqua al giorno per lavare il corpo e i vestiti, mezz’ora alla settimana per le visite, attraverso un vetro spesso e sporco, mezz’ora al mese per abbracciare la moglie Sevilay e i figli, Burak Emre and Digit Eren, di 16 e 13 anni, una telefonata ogni due settimane, un’ora al mese per giocare a calcio, la possibilità di fare un ordine settimanale di libri e cibo. Murat è turco, ha 44 anni ed era un giudice e Presidente dell’Associazione di Giudici e Pubblici Minister (YARSAV), membro dell’Associazione Europea dei Magistrati e di MEDEL-Magistrati Europei per i Diritti e le Libertà. In un Paese che ha subito una svolta totalitaria, si è sempre battuto nella coraggiosa difesa dei diritti umani, dello stato di diritto e dell’indipendenza della Magistratura. Anche prima del tentato colpo di stato del 2016 – il regalo che, secondo Erdogan, dio gli avrebbe dato per punire i traditori – c’era una taglia su Murat e 4500 altri giudici “ribelli” e capi dei Pubblici Ministeri. Solo pochi giorni dopo ilo “colpo di stato”, YARSAV è stata sciolta dal primo decreto del governo sullo stato d’emergenza. Murat era a Londra con la sua famiglia. Contrariamente ai consigli degli amici, scelse di ritornare per essere arrestato: “se la strada verso la libertà deve passare attraverso le sbarre della prigione, io ritornerò per affrontare direttamente il male” – disse. Ogni cosa gli fu portata via: il suo lavoro, la sua casa, il suo denaro. La moglie e i figli sopravvivono ora grazie all’aiuto della famiglia. Ma Murat non si è arreso. In una lettera a suo fratello Mustafa e a sua sorella Leyla scrisse: “in questo oscuro impero della paura io potrei aver perso la mia libertà, i miei beni, i miei cari, ma, nonostante la fame, l’oscurità e le urla non ho mai perso la fede nei giorni luminosi che busseranno alla porta; mai. Ogni giorno vado a dormire con la speranza di tempi migliori e di pace interiore; ogni mattina mi alzo sorridendo.” Il 9 ottobre del 2017, il Consiglio d’Europa assegnò a Murat Arslan il premio per i diritti umani Vaclav Havel e lui inviò questo messaggio dalla prigione: “Non dobbiamo cadere nella disperazione. L’esistenza dei nostri bambini non ci permette di perdere la speranza.” Il 18 gennaio, una Corte speciale, composta da giudici leali a Erdogan, lo ha condannato a 10 anni di prigione per terrorismo. Il processo fu una farsa. La dimostrazione decisiva di ciò fu il download dell’applicazione byLock sul suo cellulare. Poiché i gulenisti avevano osato byLock per preparare il “colpo di stato” (anche se l’applicazione era stata disattivata 104 giorn8i prima), ogni persona che scarichi quest’applicazione è un terrorista. Il Pubblico Ministero sostenne che il fatto che non ci fosse nessuna prova di connessione fra Murat e i gulenisti dimostrava solo che lui fosse molto abile a nascondere il suo segreto e che in realtà fosse colpevole. Un ragionamento stravagante…L’urlo arrabbiato della moglie di Murat verso i tre giudici silenziosi ancora echeggia tra le mura di quella stanza: “io mi chiedo come voi possiate tornare nelle vostre case e guardare i vostri figli negli occhi; vergognatevi!” Murat sapeva da sempre che sarebbe stato giudicato colpevole. Nel suo discorso di chiusura presso la Corte ha mostrato grande dignità: “Io sono pienamente cosciente di parlare contro un muro ed è futile farlo. In questo vuoto di senso, la sola cosa che sentiamo è ancora la nostra voce. Questo è un po’ scoraggiante, ma l’esistenza dei nostri bambini, che sono il nostro futuro, non ci permette di inginocchiarci o di arrenderci”. “Non puoi sentire la voce della verità nella cacofonia del buio”. “Vi vergognerete di quello che avete fatto quando noi costruiremo la nuova Turchia con solo persone libere. Il futuro è nostro e vinceremo”. Erdogan vuole fare di Murat un esempio. Lui ha ragione in questo. Murat è già un esempio. Un amico che ha condiviso la prigione con lui (di cui non sveliamo l’identità per motivi di sicurezza) mi ha detto che non ha firmato nessuna confessione perché, quando vide Murat sorridere, ricevette nuova forza per continuare. Arslan vuol dire leone” in turco. Le iene della dittatura stanno provando ad uccidere il leone della libertà, ma lui resiste. La Piattaforma per una magistratura indipendente in Turchia, formata dalle Associazioni Europee di Magistrati, fa sì che non sia dimenticato. Da qui le voci dei giudici portoghesi si uniscono. Finchè Murat Arslan ed altri suoi compagni sono in prigione, non ci sarà un singolo giudice veramente libero.