Ennesima storia di fabbrica senza diritti

La fabbrica senza diritti e senza regole è sulla via Nettunense, poco fuori Aprilia. È militarizzata. Non ha insegne, né indicazioni: sono state tolte dalla vigilanza. La si riconosce solo per le bandiere sdrucite e i cartelli ormai illeggibili dei sindacati, attaccati ai guardrail. Negli ultimi sei mesi, da quando è iniziata questa brutta storia, ha cambiato già quattro nomi. La Montebovi, il marchio che dal 1962 produce prodotti dolciari per la grande distribuzione e che sul suo sito è stata costretta a spiegare di non aver più niente a che fare con Lanuvio, fino allo scorso ottobre aveva qui il suo stabilimento di gran lunga più grande (gli altri due vicino a Torino) e il magazzino che cura la distribuzione. Poi la vendita a Fabrizio Coscione e il cambio di nome in Montebovi Industrie Roma. Poi in Industrie Roma. Poi ancora in Dolciaria Srl. Ma da giovedì è comparso un nuovo adesivo sulla porta di ingresso: Dolcidee. Molti sono pronti a scommettere che sarà il nuovo nome, l’ultima scatola cinese. I suoi lavoratori sono divisi, lacerati, da sei mesi, da una guerra tra poveri che è il caleidoscopio del lavoro in Italia nell’anno di (dis)grazia 2013. Dove c’è chi accetta qualsiasi cosa pur di guadagnare, fedele al detto popolare del posto «Finchè dura, fa verdura». E c’è chi è così disperato da arrivare a dire: «Ho sognato di essere licenziato, almeno potrò chiedere gli ammortizzatori sociali e portare a casa due soldi», come Andrea, 45 anni e due figli. Da una parte la settantina che da ottobre non ha più visto un euro.
Formalmente risulta in ferie. «Forzate e ormai finite da mesi», spiegano in coro. «Per avere le buste paga di ottobre, novembre e dicembre abbiamo dovuto mandare l’ispettore del lavoro che poi ce l’ha girate. I soldi sono solo sulla carta: non c’è stato pagato nemmeno un centesimo», spiega Barbara Mazzarotti, 36 anni che alla Montebovi dove lavora dal 2000 ha trovato anche il marito. Sono quelli che hanno lottato per il rispetto delle regole. Dall’altra parte ci sono i loro 13 colleghi che hanno accettato di tornare al lavoro con «le nuove regole». Assieme a loro un numero imprecisato (una ventina, parecchi rumeni) di lavoratori assunti per fare le pulizie e che per 4 euro e mezzo sono sulle linee a produrre crostate e crostatine, senza formazione, senza contratto, senza il giusto stipendio. Lo sapranno Lidl e Eurospin, le catene di distribuzione che comprano ancora a Lanuvio i marchi Nastrecce e Dolciando? Hanno sostituito «le teste calde», «quelli che hanno voluto il muro contro muro», che «non cedono di un millimetro», come definisce gli ex colleghi un uomo sulla cinquantina, barba e occhiali, l’unico disposto a parlare prima di entrare in fabbrica al cambio turno delle due. Poi subito richiamato dalla vigilanza. Fra quelli che escono l’ordine dell’azienda è già arrivato: “Non parlare con nessuno”. Inseguendo un ragazzo rumeno biondo l’unica cosa che si scopre è che la paga è anche più bassa: “Anche se è 3 euro e cinquanta che problema c’è? L’importante è che ci pagano”. Grazie all’impegno dei sindacati che unitariamente le hanno tentate tutte (lettere al Prefetto, ricorsi giudiziari) qualche risultato c’è stato: il mese scorso i tre iscritti Cgil licenziati per aver scioperato sono stati riassunti. Ma la parola, nella fabbrica senza leggi e senza regole, va contestualizzata. “Ci sono arrivate due lettere – spiega Donatello, Rsu Cgil con tre figli e un solo reddito in famiglia – : nella prima c’era scritto che venivamo reintegrati per la Dolciaria Srl, due giorni dopo ne è arrivata un’altra che invece eravamo alla Industrie Roma”. La differenza non è da poco: si tratta delle due società che si dividono gli 89 lavoratori, ma è proprio nelle Industrie Roma che la proprietà ha deciso di mettere 21 persone in mobilità: senza neanche tentare di concordare i criteri con i sindacati, come prevede la legge. E torniamo al protagonista principale di questa incredibile storia: Fabrizio Coscione, il proprietario della Pulisystem, azienda di pulizie che ha acquisito la ex Montebovi a ottobre. Quarantenne di Nettuno con amicizie e appoggi nel centrodestra che ha fatto la stessa operazione in altre aziende del pontino. A causa della crisi le fabbriche non riescono a pagarlo, lui propone lo scambio: io compro l’azienda e, quasi sempre, riesce a fare soldi chiudendola. Un ripulitore di aziende. Ora tocca così alla ex Montebovi. Dopo le tante scatole cinesi create, Coscione a febbraio ha ridotto il capitale delle Industrie Roma da 765mila euro (quanto era la Montebovi) a soli 23.760 euro. Poi ha aperto un concordato preventivo al tribunale di Velletri. Se non sarà accettato l’azienda fallirà. La cosa che fa più arrabbiare Donatello, Barbara e gli altri 70 lavoratori in ferie forzate e a secco da sei mesi è che per “le istituzioni sembriamo fantasmi”. Il Prefetto ha convocato Coscione tre volte e non si è mai presentato. Il sindaco di Lanuvio è venuto ad un presidio, una volta. Coscione è troppo potente per essere toccato.
Massimo Franchi – L’Unità.it