Com’è cattivo il mare?!

Un “ragazzetto”, come tanti “ragazzetti”. Un cucciolo di uomo, forse di 14 anni, che a differenza di altri più fortunati, ma anche qui si aprirebbe un mondo, ha affrontato “confini” attraversando terre. Un cucciolo già uomo che poi è morto in mare a pochi km dalla sognata Europa. E’ morto con la sua pagella cucita nella tasca del suo vestito, per non perderla , per non mostrarla a chi non poteva, per tenersela cara, come un gioiello prezioso.

Questa notizia, di piccola e sconosciuta umanità, è rimbalzata nei social grazie ad una vignetta. Una semplice immagine che comunica un messaggio drammatico, una tragedia che ci coinvolge, soprattutto come uomini “incollati” da chissà quale diritto divino o economico (sempre di sacralità si tratta) a un confine. L’obiettivo non è quello di strumentalizzare la morte di un bambino già uomo, sognatore. Non è neanche quello di aprire una riflessione sul concetto di confine, sarebbe troppo complesso. L’obiettivo è quello di DENUNCIARE perché qui non si parla di un feroce assassino e o di “pericolosi” “pre-giudicati”, rumeni, ( europei) che rubano generi alimentari in un supermercato. Parliamo di innocenti sognatori; e quando si uccide chi sogna senza malizia, si uccide la “civiltà”. Ci sono cose che “freddano” il cuore, storie di vite che non passeranno mai agli onori di una storia che sovente viene rivisitata a seconda del potere del momento quando lo stesso potere non riesce ad auto bilanciarsi.

E’ un mondo pieno di militi ignoti o semplicemente di contadini Buba, per citare il medioevo in cui stiamo precipitando. In questo caso non occorre incitare ad una riflessione, bastano un po’ di empatia (mettersi nei panni dell’altro), di cuore, di umanità, di buon senso. Non si tratta di “buonismo” come slogan. E’ la vita di un cucciolo che voleva superare lo stereotipo della sua presunta inferiorità con l’arma della cultura, con una pagella. Un cucciolo di uomo pronto a farsi accettare dall’Europa con le armi che l’Europa ha decantato da quando esiste la democrazia. Uno stereotipo pure questo purtroppo. Le armi stanno diventando la più becera e insulsa demagogia. A noi viene solo da piangere.

La redazione

Fonte: https://www.globalist.it/life/2019/01/16/in-tasca-una-pagella-la-storia-del-bambino-che-abbiamo-lasciato-morire-in-mare-2036179.html Di Daniela Amenta

Articolo

Era un piccolo migrante del Mali: si era cucito nella giacchetta una pagella con il massimo dei voti come curriculum per farsi accettare dalla “grande” Europa. Non gli abbiamo dato modo. Lo scrittore Paul Auster diceva che la verità è nei dettagli e che i dettagli fanno la storia. Lo scrittore Giulio Cavalli che con “Carnaio” ha narrato una mostruosa miscela di cadaveri, potere, egoismo e denaro, spiega che quando i pescatori del Mediterraneo tirano su i corpi dei migranti ciò che resta nelle reti è “lesso”. La carne si sfalda. E’ l’acqua. E’ per colpa dell’acqua e del sale. E’ colpa di tutti quei giorni alla deriva, tra le onde. Cristiana Cattaneo fa il medico legale, ma ha scritto un libro. Si intitola “Naufraghi senza volto” (Cortina Editore). Come riporta Il Foglio: “In collaborazione con l’Ufficio del Commissario straordinario del Governo per le Persone Scomparse, Cattaneo ha creato il primo protocollo al mondo per identificare le vittime di uno stillicidio che, dal 2001 a oggi, ha visto scomparire in mare oltre trentamila persone, cospargendo l’Italia di lapidi senza nome”. Tra le mille, disperanti vicende riportate nelle pagine del suo libro tra pietas e disperazione ce n’è una che è il dettaglio di cui parla Paul Auster. Il cadavere del naufrago ha età apparente 14 anni, provenienza Mali. Indossa una giacchetta. All’interno della tasca una pagella cucita con cura. Ha ottimi voti. Questo ragazzino di cui non sappiamo, non sapremo il nome, aveva sperato in un lasciapassare per un mondo più libero e più giusto, un mondo più accogliente, con la sua pagella da “perla rara”. L’illustratore Makkox gli ha dedicato una struggente vignetta. Dolorosa. Di sale, come le lacrime.

C’è sempre un prima e un dopo nelle storie dei migranti, così simili a quelle dei terremotati, di chi a un certo punto si trova costretto a lasciare, a fuggire, ad andare via di corsa dalla sua casa e porta con sé, un particolare che fa la storia. Una foto, una ciocca di capelli, un documento, uno scritto, un biberon, una maglietta. Sono le ferite loro e le cicatrici nostre. Sono storie negate che galleggiano. Una pagella per dire al mondo: prendetemi con voi, studio e sono bravo. Non è arrivato in tempo per dircelo. Chissà che ingegnere abbiamo perso, che meccanico, che fisico, che matematico o che poeta. Età apparente 14 anni. Com’è profondo il mare. Come sono buie, buie come un pozzo, le coscienze di chi non alza un dito davanti a questa strage.