Anpi: Palestina dimenticata

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Giorgio Pagano

A settantacinque anni dalla Catastrofe, continuano le requisizioni di terre, le demolizioni di case e vige un regime di apartheid contro la popolazione denunciato da un rapporto di Amnesty e da un libro. Tra le cortine dei diritti umani calpestati, le voci storicamente inascoltate della pace. E intanto in Israele il nuovo governo di Netanyahu sarà il più a destra di sempre: nella coalizione che ha vinto le elezioni anche estremisti e ultraortodossi

Guerra e Pace Mondo

“Non ci sarà pace nel mondo finché non regnerà in quelle terre piena pace. E tutti gli sforzi di pace in quelle terre avranno una ripercussione straordinaria sul pianeta intero”.
Carlo Maria Martini, Cardinale

“Una volta furono gli ebrei a conoscere la diaspora. Vennero dispersi, cacciati dal Medio Oriente, dispersi per il mondo. Adesso sono, invece, i palestinesi. Ebbene, io affermo ancora una volta che i palestinesi hanno diritto sacrosanto ad una patria e a una terra come l’hanno avuta gli ebrei, gli israeliti”.
Sandro Pertini, Presidente della Repubblica

Quest’anno ricorrono i 75 anni dall’espulsione di massa e dallo spostamento di oltre 700.000 palestinesi dalle loro case, villaggi e città durante il conflitto creato da Israele nel 1948. Da allora, dalla Nakba (la Catastrofe) – come viene chiamata dai palestinesi – è iniziata una storia di spossessamento senza fine.

Nei mondiali di calcio in Qatar la bandiera palestinese non è mai mancata. Non c’è stato incontro dove kefiah e bandiere palestinesi non siano state sventolate sugli spalti in segno di solidarietà. Ma ciò ha riguardato gli arabi. In Occidente la storia palestinese è invece dimenticata, non è più nell’agenda della politica e dei media. Il popolo palestinese non è più nel cuore di tanti come un tempo. Non è solo responsabilità della guerra in Ucraina. La rimozione è di gran lunga precedente: a causa delle tante altre guerre, del disordine nel mondo, della crisi economica, di un’informazione conformista che non aiuta a capire. Ma forse ci sono motivi più profondi.

Mercato a Betlemme – https://www.patriaindipendente.it/

Lo scrittore israeliano Abraham Yehoshua, in uno dei suoi ultimi interventi, scrisse su “La Stampa” che l’Europa avrebbe potuto fare molto per la pace ma, aggiunse “è paralizzata” per un duplice motivo: “la memoria della Shoah e la responsabilità dell’Europa in quella tragedia” e “l’antisemitismo serpeggiante nella società europea”. E di fronte all’atteggiamento del governo israeliano, concluse: “i Paesi europei non solo hanno il permesso ma anche l’obbligo morale di dire: no, adesso basta”.

Questo obbligo morale è sentito da pochi. Il fatto che un problema sia rimosso comporta però che rimanga e che degeneri. Contro la disperazione predominante, nel 2022 si sono levati due messaggi forti: il rapporto di Amnesty International “Israel’s apartheid against palestinians. Cruel system of domination and crime against humanity” (l’Apartheid di Israele contro la popolazione palestinese. Un crudele sistema di dominazione e un crimine contro l’umanità) pubblicato a febbraio, e il libro dello storico israeliano Ilan Pappé “La prigione più grande del mondo. Storia dei Territori occupati”, uscito a settembre. Coraggio e rigore caratterizzano questi due testi così diversi tra loro, ma complementari.

Il rapporto di Amnesty International

In uno scatto del 2005, la costruzione del muro israeliano attorno a Betlemme – https://www.patriaindipendente.it/

L’apartheid è una grave violazione del diritto e dei diritti umani protetti a livello internazionale, un crimine contro l’umanità secondo il diritto penale internazionale. Il termine fu originariamente usato per riferirsi al sistema politico in Sud Africa, che imponeva esplicitamente la segregazione razziale, il dominio e l’oppressione di un gruppo razziale da parte di un altro. Da allora è stato adottato dalla comunità internazionale per condannare e criminalizzare questi sistemi e pratiche ovunque si verifichino nel mondo.

Il crimine contro l’umanità dell’apartheid, ai sensi della Convenzione sull’apartheid, dello Statuto di Roma e del diritto internazionale consuetudinario, viene commesso quando un atto disumano (essenzialmente una grave violazione dei diritti umani) viene perpetrato nel contesto di un regime istituzionalizzato di oppressione sistematica e dominio da parte di un gruppo razziale rispetto a un altro, con l’intento di mantenere quel sistema.

L’apartheid può essere considerata come un sistema di trattamenti discriminatori prolungati e crudeli da parte di un gruppo etnico su un altro per controllare questo secondo gruppo.

Per Amnesty International in Israele c’è apartheid perché, la sofferenza e lo sfollamento dei profughi palestinesi sono una realtà quotidiana. I palestinesi che sono fuggiti nel 1948 o sono stati espulsi in seguito dalle loro case in quello che oggi è Israele, insieme ai loro discendenti, hanno il diritto al ritorno così come stabilito dal diritto internazionale. Ma non hanno praticamente alcuna prospettiva di poter tornare alle loro case – molte delle quali distrutte da Israele – o ai villaggi e alle città da cui provengono. Israele non ha mai riconosciuto questo loro diritto…

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