Basta inquinamento?

Clima, Cop21. Obama: “Noi, inquinatori pentiti”. Ma l’India: “Nostro diritto bruciare carbone”

Clima, Cop21. Obama: "Noi, inquinatori pentiti". Ma l'India: "Nostro diritto bruciare carbone"

           immagine dal sito de la Repubblica

Centocinquanta leader nella capitale francese per la conferenza Onu. Tra gli impegni più urgenti: siglare un accordo sui limiti del riscaldamento climatico. Renzi: “L’Italia non si tira indietro. Il nostro Paese è già protagonista in ricerca e Green Ecomony”

IN UNA CAPITALE francese blindata ha preso il via oggi la Cop21, la conferenza sul clima delle Nazioni Unite. Per i 150 leader mondiali riuniti a Parigi si tratta dell’ultima chiamata per salvare il pianeta. Sarà un vertice fuori misura per una sfida colossale il cui primo obiettivo è siglare un accordo storico che limiti il riscaldamento climatico per evitare una catastrofe ambientale irreversibile. La vigilia della manifestazione è stata segnata dascontri tra polizia e manifestanti che hanno portato al fermo di 208 persone.

Ambiente contro sviluppo. Dai primi interventi della giornata di oggi si sono delineate subito due posizioni contrastanti: da un lato i paesi ricchi dell’Occidente che fanno mea culpa, si pentono per aver inquinato troppo finora, sono pronti a rimediare e spingono per un accordo preciso e vincolante. Dall’altro, gli stati in via di sviluppo, i cosiddetti ‘giganti emergenti’ come India e Cina che, viceversa, frenano e rivendicano l’uso del carbone, ancora necessario per la loro crescita economica.

La Francia. “Abbiamo un obbligo di successo” e “la posta in gioco è troppo importante per potersi accontentare di un accordo al ribasso”, ha detto il ministro degli Esteri francese e presidente della conferenza, Laurent Fabius, in apertura dei lavori. “L’11 dicembre”, il giorno in cui si concluderà la Cop21, “il mondo si aspetta da noi quattro parole: la missione è compiuta”. “L’accordo” per limitare il surriscaldamento globale “non è scontato ma è alla nostra portata”, ha sottolineato, promettendo che la presidenza francese “veglierà affinché tutti i punti di vista siano tenuti in considerazione”.

In avvio di conferenza il segretario generale delle Nazioni Unite Ban Ki-moon ha chiesto di osservare un momento di silenzio in memoria delle vittime degli attentati di Parigi. Poi la parola è passata al presidente francese Francois Hollande che, dopo aver ringraziato “per tutti i segni di supporto, tutti i messaggi, tutti i gesti di amicizia” giunti dopo gli attentati di Parigi, ha definito la Cop21 come “un’immensa speranza che non abbiamo il diritto di deludere. È una sfida che non dobbiamo perdere perché si tratta di un miliardo di essere umani che ci guarda”. Il surriscaldamento del clima, ha proseguito il titolare dell’Eliseo, “crea conflitti, crea più migrazioni delle guerre. Dobbiamo intervenire in nome della giustizia climatica. Quello che è in gioco in questa conferenza è la pace perché rischiamo una guerra per l’accesso all’acqua. Il mondo non ha mai affrontato una sfida così grande come quella sul futuro del pianeta, della vita. Qui non bastano le dichiarazioni di intenti, noi a Parigi siamo a un punto di rottura e di partenza per una trasformazione mondiale”, ha proseguito Hollande. “Abbiamo l’opportunità di creare uno sviluppo con le energie rinnovabili, il trasporto pulito e la biodiversità. Dobbiamo costruire un modello basato sulla cooperazione, in cui sia più conveniente preservare che distruggere”.

Dopo il presidente francese ha preso nuovamente la parola Ban Ki-moon che ha definito la conferenza sul clima “un’occasione politica unica che potrebbe non tornare”. E rivolgendosi alla platea dei capi di stato ha avvertito: “Il futuro del mondo è nelle vostre mani, non sono consentite indecisioni. Voi avete il potere di assicurare il benessere di questa e della prossima generazione”, trovando un accordo per arginare entro i due gradi l’aumento delle temperature del pianeta causato dalle emissioni inquinanti. Per farlo i leader dovranno cercare “il compromesso, il consenso e, se è necessario, anche la flessibilità”.

Gli Usa. Tra i primi leader a parlare, il presidente Usa Barack Obama: “Sono venuto di persona come rappresentante della prima economia mondiale e del secondo inquinatore per dire che noi, Stati Uniti, non solo riconosciamo il nostro ruolo nell’aver creato il problema ma che ci assumiamo anche la responsabilità di fare qualcosa in proposito. Possiamo cambiare il futuro qui e adesso”. E ha aggiunto: “Bisogna agire ora, mettendo da parte gli interessi di breve termine. Siamo l’ultima generazione a poter salvare il pianeta”.

La Germania. Un impegno concreto di fronte alla platea della Cop21 lo ha già preso Angela Merkel: “La Germania entro 2020 raddoppierà i suoi finanziamenti pubblici per le energie rinnovabili”.

La Russia. Mentre Vladimir Putin, arrivato in ritardo alla conferenza, ha sottolineato nel suo discorso come l’andamento economico della Russia è la prova che “si può prestare attenzione alla crescita economica senza per questo trascurare l’ambiente. Il nostro paese è stato fra i primi al mondo a ridurre i consumi energetici dell’economia negli ultimi anni e a ridurre in modo considerevole le emissioni di gas a effetto serra, tanto da frenare di un anno il riscaldamento climatico, ma al tempo stesso ha raddoppiato il suo Pil”. L’accordo di Parigi, ha detto Putin, deve essere “efficace, equilibrato e globale” e, come una sorta di “prolungamento ideale del protocollo di Kyoto” del 1997, anche “vincolante”. Il presidente russo ha poi avuto un incontro a porte chiuse con il presidente Usa Barack Obama. Durante il colloquio durato trenta minuti i due leader hanno discusso di Siria e Ucraina. Il presidente americano, afferma la Casa Bianca, ha detto al presidente russo che Bashar al Assad deve lasciare il potere.

L’Italia. “Dobbiamo uscire dalla retorica che l’Italia non fa abbastanza”, ha dichiarato il presidente del Consiglio Matteo Renzi durante il suo intervento. “Il nostro Paese ha ridotto le emissioni del 23% dal 1990, ha un piano di investimenti per quattro miliardi di dollari da qui al 2020, le nostre aziende sono in prima fila, da Eni a Enel. L’Italia ha molto da dire e da fare in questo settore”. Quella che si sta giocando a Parigi “è una partita molto difficile, e a pranzo c’è stato un momento di confronto anche acceso su questo. Non sarà facile arrivare a un accordo ma è una condizione fondamentale. L’accordo va trovato”.

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L’India. Come accennato all’inizio, non tutti i Paesi sono d’accordo con la necessità di ridurre l’utilizzo di combustibili fossili. Come si evince dalle parole del premier indiano Narendra Modi, che ha rivendicato il diritto allo crescita per il proprio Paese, puntando il dito contro le nazioni ricche che devono assumersi più responsabilità nella lotta ai cambiamenti climatici.  La giustizia vuole che, con il poco carbone che ancora posiamo bruciare in modo sicuro, i Paesi in via di sviluppo possano crescere”, ha ribadito Modi. “Gli stili di vita di pochi non devono eliminare le opportunità dei tanti ancora ai primi passi della scala dello sviluppo”.

La Cina. La posizione è condivisa con il primo ‘inquinatore’ mondiale, la Cina, il cui presidente Xi Jinping ha confermato l’impegno di Pechino a raggiungere il picco di emissioni entro il 2030. Tuttavia ha anche ribadito, in base al cosiddetto principio della ‘responsabilita’ differenziatà, che la lotta a cambiamenti climatici “non dovrebbe negare le legittime necessità dei Paesi in via di sviluppo di ridurre la povertà e migliorare gli standard di vita della propria popolazione”.

Lo Zimbabwe. Nel suo intervento al summit, anche il presidente dello Zimbabwe, Robert Mugabe, ha puntato il dito contro i Paesi occidentali ricchi “taccagni” e “smodati”. “È illogico che i Paesi ricchi non soltanto si dimostrino taccagni nel fornire a quelli poveri i mezzi per contrastare il surriscaldamento globale, ma che addirittura siano smodati nel voler gravare noi del compito di rimettere in ordine il pasticcio che essi stessi hanno combinato. Noi africani”, ha avvertito Mugabe, “non possiamo e non vogliamo farci carico di ulteriori obblighi, altrimenti intaccherebbero le nostre aspirazioni allo sviluppo, e in particolare i nostri sforzi per estirpare la povertà”.

Nella mattinata sul sito di Le Bourget, a nord di Parigi, trasformato in una sorta di fortezza dopo gli attentati del 13 novembre, Hollande e Ban Ki-moon avevano accolto Barack Obama, Xi Jinping, Narendra Modi e decine di altri capi di stato. Presente anche il primo ministro di Israele, Benyamin Netanyahu, giunto a bordo di un’auto priva di segni distintivi che indicassero il Paese di provenienza (bandiera e nome sul parabrezza, che erano invece su tutte le altre auto ufficiali) e attorniato da una scorta di diverse altre vetture.

L’obiettivo di Cop21. L’accordo che la comunità internazionale è chiamata a definire punta a limitare il riscaldamento globale a 2 gradi rispetto ai livelli dell’era pre-industriale. La comunità scientifica è ormai unanime sul fatto che oltre questo limite la terra andrebbe incontro a un caos climatico dai risvolti catastrofici. In vista della conferenza 183 paesi su 195 hanno presentato degli impegni per ridurre le emissioni di gas a effetto serra. Questi impegni, che già di per sé rappresentano un significativo passo in avanti, porterebbero comunque a un riscaldamento prossimo ai 3 gradi, quindi insufficienti. Il summit punta quindi a delineare per i prossimi decenni dei meccanismi di revisione al rialzo dell’accordo.

fonte: la Repubblica

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http://www.repubblica.it/ambiente/2015/11/30/news/al_via_la_cop21_a_parigi_150_leader_del_mondo_per_salvare_il_pianeta-128472422/?ref=HREC1-3