Strage di Monaco, la polizia: «Il terrorismo islamico non c’entra»

Monaco. La polizia della città bavarese smentisce le speculazioni. Sembra ormai certa la premeditazione dell’azione che ha provocato 9 morti e 27 feriti. Morto suicida il killer tedesco-iraniano Ali Sonboly, autore della strage al centro commerciale Olympia

L’ingresso del centro commerciale Olympia a Monaco © LaPresse

Sebastiano Canetta

«È stato solo il gesto di un pazzo. Il terrorismo islamico non c’entra». Così, otto ore dopo la strage al centro commerciale Olympia di Monaco, governo e forze dell’ordine tedesche «risolvono» il caso, mettendo fine alla notte di «speculazione» non solo dei media. Mentre si contano ufficialmente le vittime del massacro: finora i morti accertati sono 9 (tra cui tre donne, tre turchi e due albanesi: cinque i minorenni) più altri 27 feriti (anche diversi bambini) alcuni ancora in pericolo di vita.

Morto suicida il killer tedesco-iraniano Ali Sonboly: il suo cadavere è stato ritrovato a un chilometro dal Mc Donald’s di Karslplatz, insieme ai 300 proiettili 9 mm per pistola Glock stipati nello zainetto. A Monaco intanto è cominciato l’interrogatorio degli oltre 100 testimoni oculari della strage, la visione dei videoclip amatoriali inviati alla polizia, così come il vaglio delle dichiarazioni dei vicini di casa del pluriomicida.
Mentre da Berlino la cancelliera Angela Merkel, reduce dal Gabinetto di sicurezza con i vertici delle forze dell’ordine e i servizi segreti, ha espresso «cordoglio alle famiglie di chi non tornerà più a casa e un pensiero ai feriti» con la promessa che «il governo farà di tutto per assicurare protezione a tutti i tedeschi e non si arrenderà finché non saprà esattamente cosa è successo». Nel frattempo Monaco riprende a vivere e prova a svegliarsi dal più grande incubo degli ultimi 40 anni.

Paralizzata per una notte intera, blindata nei punti di accesso e in uscita, con la stazione evacuata, i posti di blocco agli incroci, la metropolitana ferma e gli elicotteri della polizia bassi nel cielo.

Così la capitale bavarese ha vissuto le ore della caccia al killer dell’Olympia. In azione, oltre le squadre speciali del Gsg-9 (l’unità anti-terrorismo della polizia federale), ben 2.300 agenti dei più disparati corpi delle forze dell’ordine. Senza contare i rinforzi chiesti e ottenuti dai Land confinanti con la Baviera.

Uno spiegamento di uomini e mezzi senza precedenti, coordinato dalla centrale di Monaco che ha fatto rete sotto tutti i punti di vista. Sul web, a partire dalle 17,53 di venerdì (quando al centralino è arrivata la segnalazione della sparatoria) gli appelli alla calma e a non uscire di casa. «Evitate i luoghi pubblici e soprattutto non pubblicate informazioni sugli spostamenti dei nostri agenti per non favorire i colpevoli» è il tweet puntuale quanto categorico della polizia locale.

A quell’ora l’attacco all’Olympia è in corso già da 45 minuti mentre comincia la ricostruzione giornalistica che dà voce a testimonianze poco autorevoli eppure «buone» per i primi titoli sulla strage. Così, per ore, a Monaco si rincorrono a vuoto «tre uomini dotati di armi a canna lunga» e inesistenti «sparatorie» in altre zone della città. Mentre La Cnn americana trasmette il racconto di una musulmana che avrebbe sentito Sonboly scandire «Allahu Akbar, prima di sparare sui bambini». Finché Marcus Da Gloria Martins, portavoce della polizia di Monaco, ordina ufficialmente a tutti di «non dare corso alle speculazioni su origine e movente della strage».

Nelle stesse ore in città viene dichiarato lo stato di emergenza e il governatore della Baviera Horst Seehofer «accende» l’unità di crisi insieme al ministro dell’interno ammettendo che è in corso «un attacco acuto» al centro commerciale di Stachus. Alle 23.59, sempre via Twitter, la polizia di Monaco dirama il ritrovamento del corpo senza vita del killer, insieme all’informazione – altrettanto preziosa – che soffriva di una depressione psichiatrica certificata da almeno quattro anni. Circostanza poco importante per medici dell’ospedale universitario «Destra dell’Isar» intenti a operare i primi feriti, e fattore che non spegne il terrore del centinaio di persone «barricate» sotto la pensilina della stazione di servizio «Allguth» a fianco dell’Olympia. Aspettano di sapere dove sono, e soprattutto come stanno, parenti, amici, conoscenti, persi di vista durante l’evacuazione (parziale) del megastore. Un gruppo di 20 turisti australiani prega per la sorte dei compagni rimasti nell’edificio mentre un giovane tedesco trema perché la moglie lavora come commessa in uno degli store dell’Olympia. In quel momento il ministro dell’interno federale Thomas De Maizière, appena atterrato a New York, fa invertire la rotta del suo aereo verso Berlino. Ha appena incassato la solidarietà del presidente Barack Obama e l’assistenza di Washington «per qualunque necessità, investigativa e non». Aiuto non richiesto dal capo della polizia di Monaco Hubertus Andra, che segue gli sviluppi della sparatoria in contatto con tutti i reparti impiegati alla ricerca del killer. Un impegno a fondo, badando al sodo della sicurezza dei civili come degli agenti sguinzagliati nella gigantesca caccia all’uomo. Per questo quando viene ritrovato il corpo senza vita di Sonboly la polizia «esplora» il suo zaino con le tenaglie di un robot anti-bomba.

Ma c’è poco da stare tranquilli: la strage dell’Olympia rimane l’«attentato» più grave dai tempi delle Olimpiadi del 1972. Anche se le forze dell’ordine, questa volta, sono organizzate fin nei minimi dettagli. Oltre alle teste di cuoio nella notte di venerdì raggiungono Karslplatz le squadre dei vigili del fuoco e il team di psicologi chiamati ad assistere testimoni e cittadini in stato di choc. Faranno lo stesso con i familiari dei cadaveri riconosciuti della strage, tutti residenti a Monaco. Intanto da ieri pomeriggio rimbalza la notizia dell’ormai certa premeditazione del killer tedesco-iraniano: la pistola Glock utilizzata per il massacro era stata acquistata mesi prima, mentre il numero di matricola dell’arma risulta abraso.

fonte: Il Manifesto

http://ilmanifesto.info/strage-di-monaco-la-polizia-il-terrorismo-islamico-non-centra/