Cinema. Alla corte di Silvio: il berlusconismo secondo Sorrentino

Ha senso recensire Loro 1 prima di vedere Loro 2? E’ discutibile. Soprattutto perché Loro 1 è la metà di un film a sua volta spezzata in due, con due segmenti (diseguali) che non comunicano tra loro. Inevitabile quindi attendere la seconda parte per esprimere un giudizio complessivo e ragionato.
Che dire nel frattempo? Che Sorrentino gioca a fare Sorrentino, cercando di portare il suo cinema all’ennesima potenza. Il vitalismo kitsch de La grande bellezza, la rarefazione iconica pseudometafisica di Young Pope, la mascherizzazione sempre più spinta di Servillo, l’uso drogato della musica, la ricerca esasperata dell’immagine spiazzante e mai-vista, la fellinizzazione dell’attualità italiana.
Sorrentino illustra il berlusconismo declinando tutto il paradigma dei nani e delle ballerine, survolta ogni sequenza, ipnotizza con i riff elettronici, inzeppa il film di trovate visive (a volte gratuite, a volta addirittura a-narrative, dei gorghi immaginifici fini a se stessi e non sempre necessari o semplicemente riusciti), a beneficio dello spettatore e dei critici che possono scegliere per le proprie citazioni all’interno di un ricco campionario che comprende acrobate oscene, rinoceronti in corsa e camion della spazzatura che si ribaltano per le strade della Roma notturna, impudiche feste in piscina come nei video dei rapper afroamericani, facce di Berlusconi tatuate sulle reni di ragazze scopate doggy style, in un accumulo barocco che stordisce, affascina e rischia contemporaneamente – paradossalmente – di tenere a distanza lo spettatore, che potrebbe cominciare a sospettare di venire considerato un borgeois da épater.
In effetti l’impresa di fare un ritratto di Berlusconi, con Lui ancora in vita e pervicacemente impegnato a credersi uguale a se stesso, è un azzardo tremendo. Che presuppone una gigantesca domanda a monte: quale approccio e chiave di lettura adottare?

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