Lo “spirito del Brancaccio” ha vinto. Cui prodest dividersi?

di Alessandro Gerosa
16 Novembre 2017
Lo “spirito del Brancaccio” ha vinto. Cui prodest dividersi
Assisto allibito al dibattito, come sempre tutto interno ai nostri micro-cosmi militanti, seguito alla convocazione dell’assemblea del 2 Dicembre a Roma.

In questi mesi di confusione, dove le persone di sinistra che incontro cercano meritoriamente di seguire le nostre continue evoluzioni, mi sono spesso trovato con difficoltà a provare a spiegare cosa diavolo è adesso questa Sinistra Italiana, perché non c’è più Sel, questi di Mdp chi sono e perché non stanno assieme a SI, e poi in tutto ciò Pisapia cosa faccia e chi rappresenti (il Brancaccio, di solito, è già fuori dalla conoscenza di chiunque).

Queste situazioni credo comuni a moltissimi di noi si verificano puntualmente, bene sottolinearlo, non con le «casalinghe di Voghera», ma con le persone che convintamente si definiscono di sinistra, con quelli che si definirebbero i nostri «simpatizzanti» e con gli ex-militanti che per i mille casi della vita non riescono più a partecipare attivamente alla vita politica.

Alla fine di questi bagni di realtà, durante i quali personalmente provavo sempre un profondo senso di imbarazzo ed inadeguatezza, la domanda ascoltata era sempre e solamente una: «Non capisco, perché non vi unite? Come pensate di combinare qualcosa se rimanete divisi per ragioni incomprensibili?».

Lo spirito con cui era stato convocato il Brancaccio era esattamente questo. In un contesto difficile, in cui sembravano decise le elezioni anticipate a Settembre con una folle campagna elettorale balneare di fronte, Tomaso Montanari e Anna Falcone in accordo con diversi partiti (SI, Prc, Possibile su tutti) convocarono un’assemblea per stringere i tempi verso una lista unitaria e aperta alla società civile per le prossime elezioni. Il cuore dell’appello è una «Sinistra unita, in un progetto condiviso e in una sola lista. Una grande lista di cittadinanza e di sinistra, aperta a tutti: partiti, movimenti, associazioni, comitati, società civile».

Una «mossa del cavallo» (bad jokes here) per fare fronte al progetto concorrente, quello di «Insieme»: il patto di ferro fra Mdp e Cp, con Pisapia leader indiscusso, che in nome di un nuovo centro-sinistra mantiene un’ambiguità accesa sui rapporti col PD ed escludeva di fatto l’allargamento a SI, Possibile e Prc.

Quanti di noi, dopo Piazza Santi Apostoli il 2 Luglio, speravano in una ricomposizione?

Una prospettiva fosca e cupa in cui le due principali formazioni politiche di sinistra per radicamento territoriale e consenso elettorale (dai sondaggi), ovvero Mdp e SI, avrebbero dato vita a due forze politiche e liste elettorali contrapposte.

La storia ha fortunatamente dato merito a Sinistra Italiana, ed al paziente e difficile lavoro della nostra dirigenza: mantenere invariata la decisione sulle posizione politica e sull’alterità nazionale al Pd, ma rifuggire le polemiche interne e favorire una ricomposizione in primis con Mdp.

Oggi quella ricomposizione è un fatto acquisito, grazie al Documento di convocazione del 2 Dicembre.

Un documento dove i tre segretari dei tre partiti più convinti di questa prospettiva, SI Mdp Possibile, lanciano finalmente una road-map comune e decisiva, con parole d’ordine chiare.

Rifondazione Comunista, che tramite il portavoce Acerbo ha esposto sempre forti dubbi, laddove non veti, nei confronti di una coesistenza con Mdp, deve decidere politicamente: aderire all’appello e partecipare il 2 Dicembre per comprendere se ci sono o meno le condizioni politiche, oppure rifiutarsi.

Acerbo pubblica un comunicato stampa che suona sinistramente come una minaccia: «Non consegneremo il Brancaccio a d’Alema e Bersani». Che vuol dire? Che diritto ha Rifondazione di arrogarsi il possesso di una esperienza comune?

Quest’uscita da inizio ad un intorbidimento delle acque, e da il la ad un diffuso frame da parte di aderenti a rifondazione, principalmente sui social, che contrappone l’appello del 2 Dicembre, «dall’alto» perché convocato da tre segretari, al Brancaccio, «dal basso» perché proposto dalla società civile.

Anna Falcone, però, con una intervista pubblicata sullo stesso sito ufficiale del Brancaccio, il giorno seguente dichiara che Falcone e Montanari hanno contribuito alla stesura dell’appello ma vogliono discuterne assieme a tutti il 18 Novembre, decidendo le condizioni imprescindibili in termini di apertura, trasparenza e rinnovamento per l’adesione.

Poi, il patatrac.

Tomaso Montanari, con un articolo a firma singola e in apparente contraddittorietà con l’intervista di Falcone, annuncia che il Brancaccio si ferma. Assemblea del 18 sconvocata e soggetto in stasi. Poi, mentre Anna Falcone lo stesso 13 Novembre scrive uno stato in cui da la responsabilità alle mosse di Rifondazione, Montanari rilascia una serie di interviste e dichiarazioni in cui da la responsabilità principale a SI, Mdp e Possibile.

Lo spirito del Brancaccio vince, il Brancaccio come realtà politica organizzata muore, nell’ormai totale scoordinamento dei due «portavoci» informali e custodi del processo.

Dunque? Dunque il delirio. Il frame del «Brancaccio tradito» prende piede anche oltre che nelle fila di Rifondazione anche in diversi militanti nostri.

Vorrei mettere, qui, sommessamente, qualche riflessione politica in fila, per punti:

1 – Il «Brancaccio» doveva essere era uno spirito ed un metodo, non una nuova sigla nel grande piccolo gioco della sinistra. Tanto che lo abbiamo chiamato in tutti questi mesi con il nome del Teatro in cui è stata convocata la prima assemblea, un po’ come se Sinistra Italiana la avessimo chiamata «Rimini» o Mps, ai tempi, «Chianciano Terme». Lo spirito del Brancaccio ha vinto per ora e continuerà a vincere se manterremo nella costruzione della lista uno spirito aperto, trasparente, di rinnovamento.

2 – Si dice che l’appello del 2 Dicembre è chiuso e calato dall’alto perché pubblicato senza preavviso dai tre portavoci nazionali, senza una discussione preliminare. Ma la democrazia interna di un partito è regolata dai vincoli politici di mandato che ai portavoci danno i congressi, le assemblee nazionali, le direzioni. Più in generale e meno formalmente, i portavoci politici hanno il dovere di interpretare e rappresentare la volontà del popolo.
Da quanto tempo i documenti approvati dai nostri organi politici ed il nostro popolo chiedevano unanimemente una lista unitaria, di sinistra, autonoma ed alternativa? Se una critica devo avanzare ai tre portavoce è di avere atteso troppo lungamente ed essere troppo in ritardo!

3 – Se divisioni ci devono essere, avvengano sulla politica. Chi divide, rompe questo percorso, se ne assuma la responsabilità sul piano delle scelte politiche. Non rifugiandosi nel piano del complottismo o del complesso dell’escluso. Neppure in un dualismo falso fra civici buoni e partitisti cattivi, perché i partiti non sono solo Bersani e d’Alema ma sono sopratutto le centinaia di militanti che spendono le proprie energie, il proprio tempo, i propri risparmi (e spesso il proprio fegato) nell’attività politica, nei gazebo, negli attacchinaggi notturni; cose che molti improvvisati «civici» di turno non sanno neppure cosa siano.

4 – Se il nostro popolo non riesce a seguire le nostre divisioni e ci chiede unità, questa unità è una condizione necessaria, ma non sufficiente, per tornare a guadagnare consenso nel paese su cifre importanti. In altre parole questo è solo l’inizio, il bello ed il difficile avverrà dopo, sui temi e sulle sfide che, qui sì, l’Assemblea del Brancaccio ha illustrato molto bene: rinnovamento ed apertura non solo nella scelta delle candidature ma sopratutto nel programma politico e nei metodi della politica e della sua comunicazione.

5 – Ci sono delle differenze politiche fra SI e Mdp, fra Mdp e Possibile, fra SI e Possibile. Ho imparato però dai maestri che tre sono le forze motrici della politica: il conflitto, il confronto ed il compromesso. Nessuna forza politica può pensare di esistere e di agire politicamente, costruendo un consenso largo nella società, in una totale ortodossia e omogeneità di idee e pensiero.

6 – Facciamo un esperimento: proviamo a riportare il dibattito caotico di questi ultimi giorni ai nostri simpatizzanti, ai nostri possibili elettori, alla prossima birra fra amici o cena di famiglia.
Io, solo a dirlo, già mi vergogno un po’. Ripartiamo da qui, da quanto siamo ridicoli a noi stessi, chiusi in un «dibattito pubblico» che è quantomai privato. Poi ripartiamo. Da cosa? Dallo spirito del Brancaccio, dall’assemblea del 2 Dicembre, e dalle difficili sfide che ci attenderanno, con un senso della realtà più piantato saldamente per terra.

fonte: Commo

https://www.commo.org/post/84148/lo-spirito-del-brancaccio-ha-vinto-cui-prodest-dividersi/