La Sinistra: crisi ambientale senza tutele da parte del nostro governo

Pubblichiamo l’intervista in rete con domande rivolte ai Candidati per “La SINISTRA”, Gianni Fabbris circoscrizione Sud e Mirko Rauso circoscrizione Nord Ovest, sul gruppo “Una Costituzione per L’Europa”, visto che ormai la vera priorità è la cura del territorio perché c’è una relazione stretta fra la perdita di valore della nostra produzione (persino la sua progressiva caduta di capacità di ammodernamento e riconversione) e la crisi ambientale…tant’è che il nostro Governo già nella precedente finanziaria non ha individuato il Territorio come priorità, riconfermando questa miopia nel attuale Def d’Aprile.

Prima Domanda: Secondo voi la priorità è la Cura del Territorio ? l’ultimo Def del Governo ignora totalmente l’Ambiente. Abbiamo avuto mesi invernali con piogge nulle, tanto che i fiumi erano a secco, ora stiamo vivendo i primi mesi di Primavera con piogge abbondanti, e con neve in Montagna nel mese di Maggio, sono questi segnali di forti alterazioni climatiche? possono alterano l’equilibrio di crescita delle colture mettendo a repentaglio i raccolti? Cosa è doveroso fare?

Gianni Fabbris: Il cambiamento climatico è una delle grandi questioni della capacità di adattamento della nostra agricoltura al processo di trasformazione in atto. Per un’agricoltura come reparto all’aperto della produzione indistriale (come haimé è diventata la maggior parte della nostra agricoltura) la capacità di “resilienza” viene sempre meno.
Abbiamo un sistema agricolo rigido e fondato sulle filiere specializzate quando. addirittura, non sulle monoculture. Ci serve una grande conversione agroacologica che tornio a fondare la nostra capacità ptoduttiva sui modelli dell’agricoltura rispettosa del territorio e capace di reinterpretare e valòorizzare le sue specificità.Uscire dalla modalità industrialista è il primo passaggio in cui dobbiamo impegnarci. La politica agricola europea , per dire la verità, potrebbe persino essere una opportunità per una serie di occasioni che consente che sono, però, persino contraddittorie. In realtà occorrerebbe una direzione chiara che investa con chiarezza l’orientamento generale verso i sistemi agroecologici.

Mirko Rauso: Chi come noi si oocupa di agricoltura ha una chiara percezione dei cambiamenti climatici, ma in un modo o in altro è ormai un sentimento comune che pervade il dibattito pubblico. La politica non è sempre pronta ad affrontare la questione. Il programma de laSinistra dedica uno spazio prioritario alla difesa del terrirorio attraverso il programma del green new dal. La grande differenza tra la nostra prospettiva e quella degli altri programmi politici è la concretezza. Siamo convinti che si possa convertire la produzione industriale e quella economica con politiche ecologiste, finanziamte con risorse importanti. Negli anni passati si sono utilizzate risorse imponenti per salvare le banche private. Forse è ora di utilizzare le stesse risorse per salvare l’ambiente? noi crediamo che sia possibile e oltremodo indispensabile.

Seconda Domanda: La Spagna fatto 100 la sua economia il 71,6 % della sua ricchezza è prodotta dal settore primario, il Pil dell’Italia è del 3,9, Croazia 5%, Grecia 3,7, Francia 2%, Germania 0,9 %, Polonia 3.9 %. Con questi dati e le alterazioni climatiche è possibile che nei paesi dove il Pil ha più basse percentuali si apra una questione Agroalimentare in Europa?

Gianni Fabbris: I dati sono corretti ma vanno persino contestualizzati. Il dato della Spagna si riferisce agli ultimi anni. Se noi osservassimo i dati di circa venti anni fa scopriremmo che la Spagna aveva numeri molto più bassi. Trenta anni fa, per esempio, la capacità della nostra ortofrutta di conquistare mercati in Europa era molto più grande e gli Spagnoli faticavano a stare al passo. Cosa è accaduto in questi trent’anni? Eè accaduto che la classe dirigente italiana (tutta, sia di centrosinistra che di centrodestra) ha nei fatti abbandonato il tema della produzione agricola favorendo il passaggio del Paese da grande luogo di produzione del cibo a grande piattaforma di speculazione commerciale. Siamo diventati una grande piattaforma nel Mediterraneo in cui il “Made in Italy” è sempre meno fatto con le materie prime dei nostri produttori. Vi è una relazione stretta fra la perdita di valore della nostra produzione (persino la sua progressiva caduta di capacità di ammordenamento e riconversione) e la crisi ambientale. Gli spagnoli (e i Francesi) utilizzando le stesse regole dell’UE hanno avuto la capacità di innovare e puntare sulla produzione investendio in ricerca, ammodernamento di processo e di prodotto che ha “modernizzato” la propria capacità produttiva ed, oggi, permette loro di avere performance come quelle rilevate dai dati sopra.
Solo se l’obiettivo della produzione, del lavoro della terra e della trasformazuione del cibo tornerà ad essere obiettivo centrale, potremo avere una fase positiva che ci permetterà anche modalità della produzione con margini di reddito e investimenti capaci di mettere in campo la conversione necessaria per sviluppare moddelli capaci di reggere alla trasfromazione ambientale e favorirla.
Per aprire la questione agroalimentare in Europa bisogna ripartire degli agricoltori e degli allevatori.

Mirko Rauso: Io credo che oggi il modo in cui si mangi rappresenti una vera e propria questione di classe. CI identifichiamo molto di più con ciò che mangiamo che con il lavoro che pratichiamo o che ci manca. Detto ciò, rimane un problema di fondo: come fare per garantire a tutte e tutti l’accesso ad una alimentazione sana? L’europa è il più ricco mercato del mondo, nonostante rappresenti una percentuale minoritaria della popolazione mondiale. Evidentemente si consuma più di quello che si possa produrre. Questi aspetti portano all’impoverimento delle risorse sia in Europa che altrove. Tuttavia ci sono delle possibilità. Prendiamo, per esempio, il modo in cui sono coltivati i campi in pianura padana. Per la stragrande maggioranza, l’agricoltura è mirata alla produzione di foraggio per uso zootecnico. Se ciò possa determinare un benessere ai produttori di carni e formaggi, rappresenta un notevole impoverimento per il terrirorio. Se gli stessi appezzamenti fossero coltivati per il consumo umano, ci sarebbero più risorse alimentari, meno inquinamento e tutela della biodiversità. Ovviamente la politica deve promuovere queste forme di agricoltura intervenendo con politiche economiche mirate in tal senso; e l’unica istituzione che ha le possibilità di farlo è l’Europa, non certo le nazioni.

Terza Domanda: L’Europa ancora non è l’America presidenziale di Trump o la Russia oligarchica di Putin, è ancora in tempo a cambiare le sue politiche, mettendo al centro l’uomo in un sistema Eco e non Ego (individualista) come il NeoLiberismo o il sovranismo autarchico vorrebbero?

Mirko Rauso: Il dibattito politico attuale sembra schiacciato su una tematica unica: non ci sono le risorse! i sovranisti, allora, professano la guerra dei poveri, il prima gli italiani (o ungheresi, o polacchi etc.), i liberali cercano di colpevolizzare le classi popolari facebdo pagare a queste ultime il debito che la finanza ha generato. Ecco, noi diciamo una cosa decisamente diversa: i soldi ci sono! vanno cercati in chi, in questi anni e anche prima si è arricchito; tassando le grandi multinazionali, gli imperi finanziari e gli speculatori. Oggi le grandi aziende, come quelle informatiche, spostano la sede laddove venga gararantita una tassazione agevolata. E’ il monento di invertire la tendenza, togliendo gli spazi dei paradisi fiscali in Europa e ribaltando un ragionanmento che ha permesso alle destre, sovraniste o neo liberali, di gorvenare una società impaurita e stressata dalla crisi che loro stessi hanno creato.

Gianni Fabbris: E’ l’unica strada che l’Europa ha davanti. Per farlo deve abbandonare sull’agroalimentare il terreno della competizione internazionale con gli USA. Deve, per esempio, abbandonare la politica disastrosa delle sovvenzioni a “superficie” e cambiare profondamente le scelte che penalizzano l’Agricoltura Mediterranea a favore di quella continentale. Dismettere i trattati internazionali come il CETA e il TTIP è un passo obbligato per restituire alla Politiche Agricole Europee ed alla POLITICA DELLA PESCA EUROPEE l’obiettivo di contribuire ad un sistema economico fondato su un rapporto con la terra che favorisca la funzione sociale dell’agricoltura.
Serve, in verità, un cambio profondo, servono regole che rimettano il diritto deigli agricoltori e dei pescatori a produrre con responsabilità sociale e quelli dei cittadini fruitori alla dignità del cibo. Servono regole che governino la commercializzazione e, soprattutto, che cancellino le pratiche di dumping (ovvero la possibilità di introdurre in un mercato prodotti ad un costo più basso di quello che il sistema locale può sostenere). Sia quando il dumping lo realizziamo noi pompando e finanziando l’esportazione dei grandi gruppi che mettono in ginocchio le economie di altri paesi, sia quando consentiamo l’ingresso di merci e materie prime prodotte fuori dall’UE con costi infinitamente più bassi che, dopo aver sfruttrato le economie dei paesi dove sono state prodotte, mettono fuori mercato i nostri produttori. La via dell’Europa diversa dall’USA non può che ripartire dal rimettere al centro i diritti.

Quarta Domanda: Secondo voi è significativo che la Commissione Europea o troika non abbia mai inserito nelle sue austere raccomandazioni: la lotta alla Mafia e alla Corruzione dei feudatari della mala politica, la battaglia contro l’evasione Fiscale, questa non sarebbe la vera Austerity?


 Gianni Fabbris: Mi sono trovato qualche giorno fa in un dibattito televisivo sull’Europa con una candidata di Forza Italia che ha tranquillamente affermato con convinzione che “L’Europa deve occuparsi di sostegno al mercato non di lavoro. Di lavoro devono occuparsi le leggi nazionali”.
E’ esattamente la logica che dobbiamo ribaltare: da una parte l’Europa dei mercanti e della speculazione dei mercati che concentra i poter e dall’altra quella della frammentazione e dell’indebolimento delle politiche sul lavoro, delle politiche fiscali e di contrasto alla legalità.
La prima cosa che deve fare il nuovo parlamento è abolire il Fiscal Compact e varare una stagione per l’omogeneizzazione e la giustizia delle regole fiscali anche per evitare il gioco dei “paradisi fiscali” che pure esistono in Europa e che offrono una grande sponda alla speculazione. 
Dismettere le politiche neoliberiste dell’austerità è obiettivo di tutti i cittadini europei e, per l’Italia, significa, in particolare, cancellare l’obbligo del pareggio di bilancio scritto da una classe dirigente colpevole e collusa nella nostra Costituzione.


Mirko Rauso: Ma quale caso….la tematica dell’antimafia mi sta molto a cuore. Studiando il fenomeno ho capito quale grande massa di ricchezze i mafiosi spostano in giro per L’Europa e non solo. Faccio un esempio: Si stima che il giro di affari della ‘ndrangheta nel 2018 possa essere pari a 70/80 milianrdi di euro! Più omeno il pil dei principali paesi europei messi insieme. Difatto le mafie sono le uniche organizzazioni che arrivano con enormi quantità di denaro contante da investire a scopo di riciclaggio. Se l’ Italia, con la sua drammatica storia recente, si è dotata di una legislazione antimafia forte e potente, non altrattanto hanno fatto gli altri Stati che, anzi, possono sfruttare l’aflusso di denaro che, in Italia sarebbe illegale, ma all’estero pulitissimo e pronto per essere riciclato. Per questo motivo noi come lista laSinistra promuoviamo una “legge antimafia Europea”, progetto a cui sto collaborando con le organizzazioni antimafia.


Quinta Domanda: Anche altre formazioni politiche si richiamano al green new deal, un programma di conversione ecologica, non solo dell’ambiente ma anche delle politiche legate al lavoro. Come si può sposare la tutela dell’ambiente con il miglioramento delle condizioni occupazionali e lavorative?


Mirko Rauso: Sono molto contento che la parola d’odine del “green new deal” sia entrata nel lessico di questa campagna politica. Ma andiamo subito al sodo: è ora di dire che l’ambiente e la salute vengono prima del lavoro. Ma intendiamoci, prima del lavoro che alimenti lo sfriuttamento delle risorse e degli esseri umani. La conversione ecologica della produzione industriale, unita alla economia circolare non solo sarebbe una salvaguardia per l’ambiente, ma creerebbe nuove opportunità di lavoro qualificato. Per rimanere sul concreto, come si risolve il problema dello smaltimento delle plastiche? Convertendo la produzione di plastica derivante da idrocarburi con imballaggi biodegradabili. Ci sono gli studi in proposito, ci sono le risorse, manca la volontà politica di mettersi di traverso agli interessi delle multinazionali petrolifere.


Gianni Fabbris: Tutela dell’ambiente e lavoro vanno assolutamente tenute insieme. Dividere le due questioni è sbagliato e strumentale. Sono 5 milioni i posti di lavoro che entro il 2020 potrebbero essere creati in europa in applicazione degli obiettivi (per ora in gran parte solo declamati) che l’UE prevede nei suoi piani su clima ed energia e sono già un milione e mezzo i post di lavoro assicurati dalòla biodiversità e dai servizi ecosistemici. Contro l’idea dello sviluppo come ” continua crescita e distruyzione di risorse” fondato sul petrolio, la spoliazione dei beni comuni, l’inquinamento, occorre un grande piano di conversione ecologica che crei lavoro buono. Ed occorre coniugare il diritto dei cittadini ai diritti dei lavoratori fondando i cicli economici nuovi sulla produzione di energia pulita, sulla decarbonizzazione, sulle produzioni biologiche, sulla forestazione, su una grande opera di messa in sicurezza del territorio.
Questo vuol dire coniugare le politiche industriali con il territorio, l’ambiente e i diritti.
Ler aree industriali fortemente inquinate (come l’ILVA di taranto per esempio) devono dismetter subito le produzioni inquinanti e pericolose e i lavoratori vanno impegnati in una grande opera di messa in sicurezza e di conversione ecologica.
INsomma … la lotta e l’impegno per la terra e l’agricoltura agroecologica ci insegna che si può fare se garantiamo reddito, salario, diritti e sicurezza ambientale