Hot Spot

KMB   26/05/2021

Ringrazio Claudio Baricelli che ci ha inviato questa sua novella “Hot spot”, per una lettura scorrevole e tranquilla ma con uno sfondo Sociale drammatico che continua a esistere nell’era del Consumismo, in cui tutto sembra bellissimo ma la verità è decisamente un’altra! Mario Piromallo

Hot spot

Il camion scaricò i rifiuti da macinare dietro il cascinale, vicino ai silos poi l’autista riabbassò il cassone ribaltabile, timbrò una bolla che attestava la avvenuta consegna, prese la ricevuta di una fattura, salutò il fattore con un cenno del capo e si spostò un poco più avanti nel piazzale.

Scese dieci minuti a fumare una sigaretta e a pisciare. Si sgranchì la schiena, stirò le braccia. Ritornò all’automezzo evitando le pozzanghere tra il fango e il letame dello spiazzo. Con la pioggia il terreno trasudava liquame.

Nel frattempo un operaio della fattoria con il muletto aveva caricato il pianale di bancali di prodotto finito, farine per mangimi animali. Supernutrienti, ingrassavano il bestiame, gli animali da cortile aumentavano di peso al doppio della velocità che il loro metabolismo consentiva con un’alimentazione naturale, fieno e paglia, semi, avanzi di verdure.

Nell’azienda agricola avevano installato un macchinario che recuperava i rifiuti umidi e ne otteneva cibo per bovini, polli e maiali. Il mulettista assicurò il carico con delle funi che vennero tese da degli argani, il camionista accese il motore e pigiò un pulsante che azionò il meccanismo di sollevamento automatico delle sponde. Salutò il ragazzo e ripartì. Aveva svariate consegne da fare fino a sera nei poderi là attorno e in tre grosse aziende che gli avevano prenotato quasi la totalità del prodotto.

All’ora di pranzo gli erano rimaste solo due allevamenti di maiali da rifornire. Si fermò  in una trattoria, prese un panino col salame e un bicchiere di vino piccolo, da un sedicesimo di litro. Avrebbe dovuto percorrere solo strade di campagna fino a casa ed era difficile che potesse incappare in dei posti di blocco. Prese un caffè al banco, pagò e si rimise in viaggio.

Era rilassato, nelle tenute piccole qualche volta gli toccava aiutare i braccianti a scaricare. Erano quasi tutti immigrati. Lui pensava che fossero gente che non aveva tanta voglia di lavorare e che si imboscava appena poteva, secondo lui rubavano il lavoro agli Italiani. Ci rubavano le donne, contaminavano la nostra cultura con la loro religione islamica. Quando ne aveva ingaggiato qualcuno europeo per farsi aiutare per qualche giornata troppo pesante, c’erano nord africani negri e est europei in piazza del paese alle sei di mattina a cercare ingaggio, gli aveva offerto il vitto e non mancava mai qualche pietanza che contenesse carne di maiale. Lo faceva per scoprire se erano musulmani.

Però era un brav’uomo e non faceva pagare loro le spese per il trasporto e il mangiare, li riportava a casa se ce l’avevano. Tanti dormivano in una baraccopoli. Gli autotrasportatori  la chiamavano “ il cimitero degli elefanti”.

Suo figlio andava su certi siti su internet che confermavano con la loro propaganda le sue idee. Trovava le loro affermazioni un po’ troppo estremiste ma pensava che in fondo che quelli che ci scrivevano sopra avessero ragione. Una sera il suo ragazzotto e qualche amico, un po’ sbronzi, avevano buttato fuori dal bar del paese un africano e gliele avevano date. Si erano giustificati con i carabinieri adducendo come causa scatenante dell’aggressione un apprezzamento pesante dell’uomo a una cameriera.

L’uomo era stato ricoverato per quindici giorni, ai giovinastri era stata data una tirata d’orecchie dalle autorità. Quando il Ghanese si era presentato alla caserma per sporgere denuncia aveva trovato a sbarrargli la strada gli stessi che lo avevano mezzo massacrato. Avevano dei bastoni, aveva chiamato aiuto. I militari lo avevano accompagnato dentro l’edificio. Avevano telefonato al suo datore di lavoro. Quello si era presentato e l’aveva licenziato, non voleva casini. Il migrante fu impacchettato e trasferito nel Centro Per Rimpatri più vicino. “ Almeno lo rimandano in Libia al negro” aveva commentato uno dei picchiatori.

Il grossista fece la prima tappa del suo percorso senza problemi. I bancali li scaricavano i magazzinieri con una gru dopo averli legati con delle cinghie arancioni e verdi di plastica collegati a un gancio. All’ultimo maialificio era rimasta una stiva di ballini che si erano ribaltati. Gli toccò scendere dalla cabina e salire sul cassone  a dare una mano ai facchini . Fu una faccenda svelta, non erano più di una trentina di sacchetti. Iniziò a piovere, forte, il piano di acciaio si fece scivoloso e gli uomini lavoravano più in fretta così una balla cadde e si aprì. Non ci badarono e finirono la faccenda.

Poi il padrone della motrice prese una pala perché l’imballaggio della farina per alimenti zoologici si era rotto sul mezzo. Mentre la raccattava in un secchio trovò quattro denti e dei capelli.

Li lanciò lontano. Gli veniva da vomitare, si trattenne. Ottemperò a tutte le formalità burocratiche e se ne tornò a casa con una certa fretta.

Qualche settimana prima uno di quelli che stavano nella bidonville, un arabo che passava per la stagione della vendemmia, era scomparso probabilmente in seguito a un incidente mortale sul lavoro e chi l’aveva ingaggiato ne aveva occultato il cadavere buttandolo insieme alla roba da macinare. I vignaioli avevano il vizio di far viaggiare i vendemmiatori in piedi sul terzo punto quando caricavano le cassette, per fare le palette piene. Il ragazzo era scivolato e era finito con la testa spaccata su un sasso. L’uomo pensò che se avesse reso noto il fatto al morto non sarebbe cambiato niente, dopotutto.

Arrivò a casa, continuava a piovere. Smontò e aprì il lucchetto che chiudeva il cancello scorrevole del capannone. Bestemmiò, il terreno fradicio lo faceva stare in equilibrio precario e spingere diventava dannatamente faticoso. Poi parcheggiò e richiuse. Salutò il figlio e la moglie, non riusciva a dimenticare quello che aveva visto. Si fece un bagno caldo, poi scese in cucina.

A tavola la moglie gli servì delle fettine di carne e mezzo litro di vino rosso. La televisione trasmetteva immagini di profughi accampati in mezzo alla neve sui Balcani. Mangiarono senza commentare le notizie. A un certo punto la signora gli chiese “ Hai tenuto un ballino di mangime per il maiale? “

“ Erano finiti “ rispose “ Il prossimo viaggio lo porto”. “ Com’è il vino di quest’anno in pianura? “domandò il figlio “ E’ meglio quello dell’anno scorso, troppa pioggia: non fa gradi, è già aceto”.

Conclusa la cena e spento il televisore la moglie aveva portato il caffè e si era stupìta che il marito non l’avesse ancora bevuto “ Si è raffreddato” gli fece notare. “ Non lo bevo, mi dà fastidio a una carie.”, e se ne andò a dormire.    

KMB   26/05/2021