Schiavizzate e insultate, retata anti-caporali in Puglia

Più di dieci ore di lavoro al giorno per pochi euro e tanti insulti sessisti. La procura di Brindisi svela lo sfruttamento nei campi pugliesi dopo la denuncia delle braccianti. Tre arresti e otto indagati tra imprenditori e caporali. Truffata anche l’Inps. Due giorni fa un altro blitz 

Schiavizzate e insultate, retata anti-caporali in Puglia

Agricoltura. Un arresto, due ai domiciliari e otto indagati. Al lavoro 10 ore per 60 euro

Otto indagati, un arresto in carcere e due ai domiciliari. Un’azienda di Ostuni che reclutava braccianti costrette a lavorare oltre 10 ore al giorno, contro le 6,5 dichiarate in busta paga con tanto di truffa all’Inps, a volte dalle 3 del mattino a mezzanotte, finanche 7 giorni su 7. Come non bastasse, i lavoratori impiegati in provincia di Bari nei campi di Polignano a Mare erano costretti a versare 10 euro a testa per ogni giornata lavorativa, a titolo di rimborso spese carburante. In pratica, una vera e propria tangente.

È una storia di sfruttamento senza limiti e regole, di dignità calpestata oltre ogni decenza, quella svelata ieri dalla Procura di Brindisi, che ha arrestato Anna Maria Iaia (50 anni, di San Vito dei Normanni), dipendente dell’azienda 2 Erre srl, che secondo l’accusa gestiva un giro di associazione per delinquere dedita allo sfruttamento. Ai domiciliari Giuseppe Bello (49 anni, di San Michele Salentino) e Anna Errico (73), rispettivamente autista del pulmino che conduceva le braccianti nei campi dove erano richieste e la madre della presunta caporale.

Secondo l’inchiesta, Bello esercitava anche l’attività di vigilanza sulle prestazioni lavorative della squadra di braccianti che lui controllava, impegnata nel magazzino o nelle campagne, per conto dell’azienda brindisina. Nelle carte dell’inchiesta si legge che l’uomo concordava con la stessa Iaia le assunzioni. Fra il gennaio 2015 e nel novembre 2016 avrebbero reclutato 22 braccianti agricoli trasportandoli quotidianamente da San Vito dei Normanni a Carovigno a bordo di un veicolo Fiat Ducato intestato proprio alla 2 Erre srl, e di un veicolo Fiat Scudo di proprietà della donna. L’attività di caporalato sarebbe proseguita anche tra il 4 novembre 2016 e l’1 marzo 2017, quando avrebbero reclutato almeno altri 28 operai, dai quali si sono fatti consegnare copia dei documenti di identità e dei tesserini di Codice fiscale da utilizzare per li contratti di lavoro e le buste paga. Gli inquirenti hanno visionato i registri delle presenze e delle paghe dove, a fronte di un totale complessivo di salario lordo pari a 131,97 euro, veniva invece corrisposta la paga giornaliera di appena 59,53 euro.

I braccianti ricevevano ogni mese dalla Iaia l’assegno dello stipendio e relativa busta paga, insieme con un bigliettino scritto a mano sul quale era annotata la somma da dover restituire in nero per onorare il debito dei 10 euro giornalieri. Quindi, dopo aver incassato l’assegno in banca tornavano a casa della donna per consegnare l’importo da restituire. Addirittura, è stato documentato, secondo quanto riferito dal procuratore facente funzioni di Brindisi, Raffaele Casto, un tentativo di inquinamento delle prove, provando a costringere alcuni braccianti a negare di aver corrisposto i 10 euro per il trasporto.

per continuare a leggere cliccare:

https://ilmanifesto.it/schiavizzate-e-insultate-retata-anti-caporali-in-puglia/