In ricordo del miliardario democratico

Guido Rossi non amava i minuetti di convenienza, detestava la genia dei cortigiani che applaudono i vincitori salvo mollarli alle prime difficoltà. Lui se ne andava nel momento in cui vedeva venir meno la sua unica e indispensabile utilità. Anche per una insopprimibile necessità di essere protagonista. Non solo nel diritto, anche in politica. Le seconde file non gli si confacevano. Quando decise di candidarsi al Senato, nel 1987, nelle file del Partito comunista, pur come indipendente, sfidò il male di pancia del popolo di sinistra chiamato a votare un «miliardario democratico». All’epoca gli elettori di un partito erano più disciplinati. E dissero: «Almeno paga le tasse e tante»

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