Non vogliono sentirselo dire

Pubblichiamo un articolo scritto dal nostro preziosissimo collaboratore, Renzo Baricelli.

Articolo di Redazione

Un giovane dirigente sindacale è stato ucciso.

Le Istituzioni della Repubblica Italiana non possono ignorare la gravità della situazione antisindacale alimentata da quel padronato che viola le leggi e calpesta i diritti dei lavoratori.

NON SE LO VOGLIONO SENTIR DIRE, (vero, sig. presidente della Confindustria che per lei i padroni sono tutti degli stinchi di santo?).

Ma è così chiaro che lo si vede anche di notte: c’è un tipo di padronato (grande, medio o piccolo che sia) che quando ritiene ci siano le condizioni per farcela, si mette in testa che può:

– tiranneggiare lavoratrici e lavorarori con la minaccia “se non ti va bene puoi andartene”

– tirare il collo ai lavoratori pretendendo ritmi di lavoro assolutamente insopportabili;

– non rispettare le regole, anche quelle sulla sicurezza e prevenzione antinfortunistica;

– negare i diritti sindacali ai dipendenti;

– non pagare i contributi previdenziali;

– pagare in nero – totalmente o in parte – specialmente le ore di straordinario;

– scagliarsi contro chi sciopera fregandosene che lo sciopero è un diritto sancito dalla Costituzione Italiana;

– cacciare lavoratrici e lavoratori che rivendicano e lottano per il rispetto dei loro diritti.

– chiudere la fabbrica quando gli pare e licenziare tutti senza tanti perché.

Lo so per esperienza diretta. Ricordo molti episodi basta ripassare un po’ di storia ma ne cito solo alcuni che a dimostrazione che il “vizio” non è nato oggi, il vizio è antico

Nei primi anni 60 del secolo scorso ero nella Fillea Cgil, settore legno, sono andato -da solo- su una strada pubblica davanti al cancello di un mobilificio nella zona di Cesano Maderno, nel nord Milano, per invitare gli operai ad aderire a uno sciopero nazionale per il rinnovo del contratto di lavoro. Un gruppo di individui erano usciti dalla fabbrica e mi costrinsero, molto minacciosi, ad allontanarmi.  

Nel 65 a Bresso, in un cantiere edile era morto un ragazzo di vent’anni. Era precipitato da una impalcatura priva delle protezioni;  ero andato a fotografarla dalla strada pubblica ed ecco che dal cantiere escono alcuni individui furiosi e minaciosi contro di me. Ero in auto, una 500 con gli altoparlanti sul portapacchi, prendo il microfono e dico che sto facendo il mio dovere di sindacalista, speravo che bastasse per tenerli lontani però il luogo era isolato e quelli si avvicinavano furibondi. Temevo per me e per le foto che avevo fatto. Così ingranai la marcia e mi diressi verso la fermata del tram dove c’erano negozi e bar   ma quelli mi insseguirono. Ho fatto appena in tempo a scendere dalla “500” con la macchina fotografica. Loro, incuranti delle numerose persone presenti, si sfogarono strappando l’altoparlante  e poi se ne andarono … Me la sono vista brutta  ma ho potuto testimoniare al processo dove il titolare dell’impresa edile fu condannato per  le sue responsabilità per la morte del giovane operaio.

Ho il ricordo di un fatto molto triste, molto drammatico.

In un vasto cantiere edile in zona Lambrate a Milano era morto un giovane operaio.

Io e  Mario Trezzi (operaio licenziato per rappresaglia antisindacale dalla Falk, poi entrato nel gruppo dirigente della Fillea-Cgil milanese) avendo avuto notizia che c’era stato un grave incidente  eravamo andati nei pressi del cantiere per verificare le cause dell’infortunio. Abbiamo incrociato una anziana signora molto agitata  che ci ha chiesto se sapevamo dove fosse suo figlio, abbiamo compreso che era la madre. Noi però non avevamo ancora notizie certe su cosa fosse successo  e non sapevamo cosa rsponderle. Prorio in quel momento un gruppo di uomini con in mano pezzi di legno stavano venendo minacciosi contro di noi. La donna aveva riconosciuto qualcuno, forse paesani, e rivolta verso di loro grida “dov’è mio figlio, ditemi dov’è mio figlio”. Il gruppo che chiaramente ci voleva assalire è colto di sorpresa, non sa cosa fare, cosa dire. La madre capisce che suo figlio non c’era più. E’ colta da una disperata crisi di dolore e di rabbia si butta per terra, piange, urla, sussulta, il suo dolore è straziante. Quelli che ci avrebbero cacciati dal cantiere a bastonate hanno dovuto fermarsi.

Viene fuori la verità, suo figlio era volato giù da una impalcatura ed era morto sul colpo. Poi avevano portato il corpo nel refettorio e lo avevano deposto sopra un tavolo.

Mi sento l’obbligo di ricordare un altro significativo  episodio:

Nel 1965 era in corso una riunione del consiglio paritetico della scuola edile di via Paravia a Milano.

Io rappresentavo la Fillea-Cgil e nel mio intervento ho avuto l’ardire di affermare che la sicurezza antinfortunistica dipendeva anche da come veniva progettata (o non progettata) l’organizzazione del cantiere. La reazione del presidente, un impresario edile, è stata così rabbiosa: – ma come si permette – urlò. Poi fu preso da malore e la riunione venne sospesa.

Purtroppo nei periodi di crisi economiche ricorrenti, connaturate al sistema capitalistico, i padroni si sentono più forti e ne approfittano.

Non se ne abbiano a male gli imprenditori di ogni settore onesti e rispettosi dei diritti dei lavoratori e delle leggi, l’invito che gli rivolgiamo è: date anche voi battaglia affinché tutti gli imprenditori siano rispettosi dei loro doveri anche quello di rispettare il diritto di sciopero sancito nella Costituzione Italiana che è garanzia democratica e di progresso sociale e civile.

È compito dell’intero movimento sindacale ad ogni livello far crescere tra i lavoratori, nella opinione pubblica e  nelle istituzioni la consapevolezza che è doveroso agire affinché siano attuate e rispettate tutte le misure necessarie a garantire la sicurezza e l’incolumità delle persone là dove lavorano.

Esigere che governo e parlamento e tutte le istanze pubbliche operino con continuità un efficace controllo sulle condizioni della sicurezza in ogni luogo di lavoro; ottenere dai responsabili dei mezzi di informazione una particolare attenzione affinché l’opinione pubblica possa saper valutare la gravità del problema sia per gli insopportabili costi umani, sia per i costi economici della piaga infortuni e malattie professionali, che gravano direttamente sull’insieme dei contribuenti.

Renzo Baricelli